La nostra prima esperienza di ciò che avremmo poi più ampiamente richiamato “valorizzazione della creatività urbana”, nella forma della tipica jam di graffiti writing, è stata alla fine degli anni Novanta, in un primo timido dialogo con il Comune di San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli. Addietro negli anni, venivamo da questo mondo, quello che soprattutto a quel tempo era concepito come un unico movimento hip hop. Organizzammo una grande convention, nel 1998 e nel 1999, chiamata Evoluzioni. La prima prova fu quindi anche formativa, capimmo le parole-chiave nel dialogo con gli enti pubblici e, più ancora, capimmo quale fosse il contributo creativo che, quasi senza saperlo o volerlo intendere, quei graffiti già rendevano pienamente alla città.
Dopo qualche anno iniziammo a fare seminari nelle università di Napoli e di Roma, chiamando a raccontare ad un pubblico numeroso e curioso di studenti le caratteristiche del fenomeno per voce diretta di personaggi come Kaf&Cyop, i bombers DIAS, il mito old school Sha One. Tutti in cattedra. Eravamo al principio del Duemila ed avevamo collezionato svariati confronti scientifici multidisciplinari di alto interesse con docenti e discenti, protagonisti e pubblico, confermandoci sia la possibilità di un approccio al fenomeno che fosse vario e misto, maggiormente centrato sui principi ampi della comunicazione, sia che il fenomeno stesso aveva comportamenti e riscontri specifici nei diversi ambiti nei quali si trovava ad agire o ad essere consumato. Iniziò a farsi forte allora l’idea di uno strumento operativo che meglio osservasse e premiasse questa ricchezza. Tra i più fervidi sostenitori dell’impresa, discutendone dal 2001, Mario Morcellini.
Accadde che presso il Comune della jam, San Giorgio a Cremano, la città di Massimo Troisi, ci fosse chiesto di presidiare uno stand provinciale alla grande fiera dei libri Galassia Gutenberg. Passeggiando per le corsie, notammo un’ampia esposizione di segnalibri d’artista e, tra questi, il dettaglio di una murata, con i tipici colori e colature, fatto segnalibro. A fine evento, dopo tanti amici graffiti writers ospiti ai tavoli, c’eravamo arricchiti di un paio di conoscenze: un tale Adolfo Rossomando, managing editor di Stampa Alternativa, che per noi era quella che aveva stampato uno dei più significativi libri tematici di sempre, “Style. Writing from the Underground”, nostra vicina di stand, e Franco Cusati, gallerista proprio a San Giorgio ed ex funzionario della Circumvesuviana, la stessa azienda di trasporto locale dove lavorava Aldo Cinque, fotografo del dettaglio di murata diventato un segnalibro. I due, grosso modo sessantenni, amavano così tanto i graffiti sui muri, nonostante la loro azienda fosse sfiancata, si sa, dal rimuoverli dai vagoni, che avevano addirittura lanciato una provocazione: azienda di trasporto pubblico su ferro e writers, insieme, per riqualificare le stazioni esattamente con i graffiti. Era l’inverno del 2003 e prendeva forma Circumwriting, primo intervento strutturato in Italia di questo tipo, supervisionato da Achille Bonito Oliva.
Innovativo e pionieristico, il progetto andò così bene, portando più di 100 writers da ogni parte d’Italia a dipingere sulle stazioni e registrando la partecipazione dei più grandi esponenti della scena nazionale del graffiti writing, diversi dei quali nei propri curricula artistici segnano l’avvio della propria carriera con l’evento, che Circumvesuviana volle spingersi oltre, ovvero fummo noi ad osare tanto. Chiedemmo che, sulle loro già previste pellicole adesive antigraffiti per ETR, venissero serigrafati degli artworks originali riproducenti graffiti da parte di importanti graffiti writers nazionali; tra gli altri, parteciparono entusiasti Airone, KayOne, Dado e Mambo.
Intanto che i progetti aumentavano di quantità e complessità, stimolati sempre all’innovazione e alla sperimentazione, non pochi enti pubblici dimostravano interesse per l’aspetto performativo da portare nei luoghi centrali, mancanti di muri o simili superfici e bisognosi quindi di supporti che non fossero, a nostro avviso, i soliti orribili teloni o i pannelli. Ideammo dunque il format W3, che per noi significava Writing al Cubo, una versione tridimensionale della performance: in effetti, si trattava di un voluminoso parallelepipedo in legno da porre in piazze, parchi, giardini, preparato con colori di fondo in linea con il senso dell’evento ospitante e con la bella suggestione di almeno 4 graffiti writers a dipingerlo tutt’intorno, e così anche il suo pubblico. W3 negli anni ha avuto diverse edizioni e le strutture, per ognuna di esse, sono state da 1 a 10. Nel primo caso, la più importante è stata per il XIX anno dalla caduta del Muro di Berlino, a Roma, con la prima uscita pubblica sul tema del Ministro della Gioventù che, dopo l’esecuzione, fece installare una grande porzione dell’opera Berlin (a firma di Zeus40 e Rota), in pratica un graffito, per la prima volta, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; nel secondo caso, invece, appena l’anno prima, allestimmo alla Fiera del Levante dieci strutture colorate con i colori delle proprietà identitarie del mediterraneo per la Bjcem, a Bari, per l’intervento di ben 40 writers pugliesi, per la prima volta tutti insieme in modo tanto affiatato da creare poi l’ACU Kaleidos, nel 2007, che ebbe così il nome dell’evento.
Partiti da Napoli e avendo realizzato negli anni molti progetti ed eventi, interventi e programmi, in svariate città italiane, l’occasione di un bando nazionale promosso dall’ANCI, ente che i Comuni riunisce e serve, proprio sul tema dei graffiti e della street art, ci parve un coronamento dell’audacia che una somma di protagonisti che avevamo partecipato ad animare e ad associare fino all’anno prima era riuscito a riferire all’opinione pubblica, al sistema dei media e ai decisori politici. Vincemmo il bando tecnico di supervisione dell’operato dei Comuni che avrebbero poi vinto il bando più ampio, allo scopo di disseminare in Italia cantieri creativi capaci d’ingaggiare le competenze delle ACU – Associzioni per la Creatività Urbana. ANCI ci chiese di seguire questi risultati e di ampliare la ricerca nazionale: ad oggi, su Italian Graffiti, risultano e sono seguiti più di 130 Comuni italiani e circa 30 festival di street art, enti ed eventi prossimi a far parte del più ampio coordinamento tematico al mondo. Fu proprio in questo periodo che Torino visse forse il suo tempo più bello, producendo due edizioni di Picturin, un festival internazionale di muralismo esterno alle ragioni del bando, per il quale svolgemmo prima funzioni di riferimento per le ACU e poi di componenti di giuria.
Ancora in ambito istituzionale, nel pieno accendersi delle attenzioni pubbliche, private, no profit e internazionali intorno alla creatività urbana, tra il 2009 e il 2011, la sfida più impegnativa sicuramente è stata il coordinamento del Tavolo tecnico sulla creatività urbana istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri presso il CNEL e indirizzato, in ultimo, alla creazione di un “modello di valorizzazione” fortemente condiviso del fenomeno. L’esito della missione è stato infine rappresentato agli Stati Generali della Creatività Urbana, il 21 luglio 2011, a quarant’anni esatti dal famoso primo articolo sui graffiti sul New York Times (1971), così da evidenziare la necessità di una nuova comunicazione fatta necessariamente dai protagonisti, diretta ed oramai sapiente: alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quel giorno, sedettero per la prima volta, tra tutte le istituzioni nazionali coinvolte, i presidenti e referenti di molte delle ACU italiane, graffiti writers della vecchia scuola, presentando le proprie proposte, in linea con le quali il loro operato continua ancora oggi ad arricchire l’Italia di creatività urbana.
Tra le numerose rappresentanze presenti il 21 luglio, anche una delegazione di Inopinatum, il centro studi creato con la Sapienza per studiare tutte le caratteristiche della materia, dalla critica d’arte alla sociologia, dalla psicologia ambientale alla comunicazione. Presentato per la prima volta al COMPA nel 2006, dove avevamo uno stand di fronte ai “Bollenti Spiriti” della Regione Puglia, con cui nacque l’idea del progetto Kaleidos, oggi Inopinatum coinvolge una rete di 10 università italiane e più di 40 ricercatori internazionali, è un marchio editoriale per la stampa di volumi collettanei o ricerche monografiche ed è lo strumento scientifico, partecipato anche da curatori esperti di street art e da street artisti ricercatori, attraverso cui sondare le complessità del fenomeno. Un presidio pubblico progressivo di decine di volumi tematici è presso il nostro Centro Territoriale per la Creatività Urbana, ha nome WALL Writing Art Local Library ed è consultato da chiunque abbia interesse ad approfondire l’argomento.